Pipistrelli, agricoltura e zootecnia
I PIPISTRELLI NEGLI AGROECOSISTEMI (top)
Nel neolitico l’uomo si è trasformato da cacciatore nomade in agricoltore e allevatore residente e ha
cominciato a sostituire agli ecosistemi naturali gli agroecosistemi: campi seminati, prati mantenuti attraverso
la pratica dello sfalcio o pascolati, colture arboree.
Nel processo di disboscamento e messa a coltura alcune specie di pipistrelli sono state in un primo tempo
favorite: la presenza di ambienti aperti, accanto a quelli forestali che permanevano, costituiva una
facilitazione per i chirotteri abituati a cacciare nelle radure o volando presso il suolo di ambienti forestali
con sottobosco rado.
Si ritiene che ciò sia capitato, ad esempio, al vespertilio maggiore, che ricerca al suolo grossi insetti
forestali come i carabi: in ambienti artificiali con vegetazione erbacea bassa - come i pascoli, i vigneti e i
frutteti - risulta più agevole volare in prossimità del terreno e catturare le prede.
Un’altra specie che probabilmente è stata favorita è il rinolofo maggiore, che si alimenta
preferenzialmente di falene e coleotteri, fra i quali varie specie di coprofagi, reperite sullo sterco degli
ungulati selvatici o domestici. Caccia in prossimità del suolo, in volo oppure all'aspetto, appigliandosi a
posatoi rappresentati generalmente da rami bassi e scandagliando l’ambiente circostante per individuare le
prede. Ambienti di foraggiamento ideali per questa specie sono i pascoli alternati a formazioni forestali a
latifoglie intercorressi da siepi alte o filari arborei, che gli esemplari seguono negli spostamenti.
Con l’avvento dell’ agricoltura meccanizzata il vantaggio di tali chirotteri è improvvisamente
venuto meno. Dalla fine della seconda guerra mondiale, i trattori e le altre macchine agricole hanno consentito
la coltivazione rapida di vaste superfici di terreno. Siepi e boschetti relittuali, divenuti d'intralcio al
movimento delle macchine, sono stati progressivamente eliminati, creando ampi spazi aperti che limitano gli
spostamenti dei chirotteri (preferiscono volare costeggiando elementi strutturati dell’ambiente e varie
specie evitano del tutto gli spazi aperti); assieme a tali formazioni di vegetazione sono scomparse o andate
incontro a drastiche riduzioni demografiche numerose specie di insetti forestali, fino ad allora sopravvissute
all’interno di quella sorta di ambienti forestali in miniatura.
Contemporaneamente ha cambiato volto anche l'allevamento, sempre più orientato verso la stabulazione dei
capi e la loro alimentazione con mangimi. L’assenza di bestiame al pascolo ha determinato la scomparsa o la
drastica riduzione degli scarabei e di molte altre specie di insetti coprofagi, che nelle aree private degli
ungulati selvatici erano divenute dipendenti dalla presenza di quelli domestici.
Più in generale, l’entomofauna è stata sottoposta all’azione degli insetticidi, usati
spesso in maniera assolutamente esagerata. Ciò ha portato alla scomparsa di specie di insetti, alla
riduzione demografica delle specie sopravvissute e alla presenza, nell’ambiente, di insetti contaminati.
Per i pipistrelli si è trattato di un impoverimento quantitativo e qualitativo della loro base alimentare,
nonché della comparsa di un nuovo fattore di mortalità: consumando insetti contaminati, da formidabili
insettivori quali sono, possono accumulare nei loro corpi dosi di pesticidi dannose e talora addirittura letali.
Il fenomeno ha riguardato anche gli ambienti acquatici: pesticidi e fertilizzanti hanno alterato la qualità
idrica, condizionando la presenza e l’abbondanza degli invertebrati legati all’acqua e,
conseguentemente, quella dei loro predatori. Per molte specie di chirotteri le zone umide rappresentano ambienti
di foraggiamento importantissimi, presso le quali ricercano insetti fra la vegetazione di bordura o volando
sull’acqua. Per una di esse, il vespertilio di Daubenton (Myotis daubentonii) è stato
verificato come, per lo meno nel breve termine, situazioni di eutrofizzazione possano risultare vantaggiose per
via dell’incremento dei ditteri chironomidi; più in generale, tuttavia, l’attività della
complessiva chirotterofauna risulta minore sopra gli ambienti acquatici alterati rispetto a quelli caratterizzati
da maggior naturalità ed è ipotizzabile che tale discrepanza sia tanto maggiore quanto più gravi
sono gli effetti degli inquinanti sugli invertebrati predati (Vaughan et al., 1996; Biological
Conservation, 78 (3): 337-343; Wickramasinghe et al., 2003; Journal of Applied Ecology, 40:
984–993).
Condizioni favorevoli alla chirotterofauna si realizzano ancora nei territori interessati dalla cosiddetta
“agricoltura tradizionale”, ma potrebbero essere ripristinate, per lo meno parzialmente, anche in
ambiti caratterizzati da forme di utilizzo più intensive, adottando le pratiche che distinguono
l’agricoltura “biologica” da quella “convenzionale” (in particolare la riduzione
dell’uso di pesticidi e fertilizzanti sintetici) e ricreando componenti paranaturali del paesaggio; nel
paragrafo che segue viene suggerito come fare.
Per maggiori informazioni sul tema agricoltura biologica vs. agricoltura convenzionale, segnaliamo due
lavori che mettono a confronto la composizione di chirotterofauna ed entomofauna di aree ad agricoltura biologica
e aree ad agricoltura convenzionale, in Inghilterra e Galles: Wickramasinghe et al., 2003, Journal of
Applied Ecology, 40: 984–993; Wickramasinghe et al., 2004, Conservation Biology, 18(5): 1283-1292.
Per quanto riguarda gli effetti che derivano all’uomo dal metter in atto le misure sottoelencate, ci
limitiamo ad osservare che si tratta di benefici ad ampio spettro, che riguardano fra l’altro la salute, la
sfera ricreativa e culturale e il “ritorno”, per l’attività agricola stessa, connesso al
ruolo che i pipistrelli svolgono come agenti di lotta biologica. Ricordiamo che i pipistrelli insettivori sono,
fra i vertebrati, i principali consumatori di insetti notturni (gli uccelli insettivori, salvo rarissime
eccezioni, sono diurni) e perciò rivestono un ruolo insostituibile nel controllo di varie specie di
interesse agrario-forestale. Come esempio particolarmente eclatante di interazione fra chirotteri e insetti
dannosi all’agricoltura suggeriamo il caso che vede coinvolte le maggiori colonie di Tadarida
brasiliensis presenti negli USA e il lepidottero Helicoperva zea: http://ngm.nationalgeographic.com/ngm/0204/feature7/index.html
MISURE IN CAMPO AGRO-ZOOTECNICO PER LA CONSERVAZIONE DEI PIPISTRELLI (top)
Le misure sottoelencate hanno un significato ai fini della tutela dei chirotteri e, più in generale, della
conservazione della complessiva biodiversità. Per tale ruolo e, in alcuni casi, per compensare perdite di
produzione, meritano di essere incentivate attraverso i Piani di Sviluppo rurale o altri strumenti di sostegno.
In Piemonte il Piano di Sviluppo rurale per il periodo 2007 /2013 ( http://www.regione.pmn.it/agri/psr2007_13/index.htm),
seppur secondo modalità e criteri che potrebbero essere migliorati per ottenere maggiori risultati, prevede
forme di incentivazione relative alla maggior parte delle misure citate.
♦ Ridurre il più possibile l’impiego dei pesticidi, ricorrendo a forme diverse di controllo
degli organismi dannosi (lotta integrata, lotta biologica).
Laddove i trattamenti siano giudicati indispensabili, effettuarli di prima mattina (ciò diminuisce la
probabilità di cattura da parte dei pipistrelli di insetti trattati che non siano deceduti) e porre
attenzione ad evitare l’irrorazione delle aree esterne alla superficie coltivata.
♦ Ridurre il più possibile l’impiego dei fertilizzanti e in particolare di quelli di sintesi.
♦Conservare/ripristinare gli elementi paranaturali del paesaggio agrario
“tradizionale”: siepi (composte da più specie arboree e arbustive e strutturalmente complesse,
in particolare si raccomanda che siano alte), filari arborei, boschetti, fossati e piccoli stagni artificiali
(“peschiere”). Si tratta di elementi ambientali che producono insetti, offrono opportunità di
rifugio e agevolano gli spostamenti dei pipistrelli; nei contesti più artificializzati, dalla loro
disponibilità può dipendere la presenza di molte specie di chirotteri.
Impiantando vegetazione occorre utilizzare specie autoctone proprie dell’area. Gli esemplari arborei
vetusti preesistenti (spesso gelsi e salici capitozzati) devono essere salvaguardati.
Grande importanza ha la ricostituzione della connettività ambientale, che si realizza tutelando le
formazioni lineari di vegetazione arborea ed alto-arbustiva, prevalentemente sopravvissute lungo i corpi idrici,
ripristinando i vuoti che le interrompono e mettendole in collegamento.
Per informazioni tecniche su questi aspetti:
AA.VV., senza data. Guide pour la plantation des haies. Brochure technique n°3. Ministere de la Region
Wallonne. Division de la Nature etr des Foret. Direction de la Conservation de la Nature et des Espaces verts.
Pp. 78.
http://environnement.wallonie.be/publi/dnf/guide-haies.pdf
Agence Régionale de l’Environnement de Haute-Normandie, 2008. Bibliographie sur la haie. Pp. 33.
http://www.arehn.asso.fr/centredoc/biblios/haie.pdf
Barr C.J., Britt C.P., Sparks T.H. & Churchward J.M. (Eds), 2005. Hedgerow management and wildlife. A review
of research on the effects of hedgerow management and adjacent land on biodiversity. Department for Environment,
Food and Rural Affairs, London.
http://www.defra.gov.uk/farm/environment/landscape/documents/hedgerow-survey-handbook.pdf
Dinetti M., 2000. Infrastrutture ecologiche - Manuale pratico per progettare e costruire le opere urbane ed
extraurbane nel rispetto della conservazione della biodiversità. Il Verde Editoriale. Pp. 214.
Macdonald D.W. & Johnson P.J., 1995. The relationship between bird distribution and the botanical and
structural characteristics of hedges. Journal of Applied Ecology, 32: 492-505.
Malcevschi S., Bisogni L.G. & Gariboldi A.,1996. Reti ecologiche ed interventi di miglioramento
ambientale. Il Verde Editoriale. Pp. 222.
Mezzalira G., 1990. Piantare delle siepi. Le Foreste, 5-6: 12-26.
Rabacchi R., 1999. Siepi, nidi artificiali e mangiatoie. CISNIAR. Cierre Edizioni. Pp. 248. edizioni@cierrenet.it
Sergio F., 1999. Impianto, cura e gestione di siepi e boschi finalizzati alla conservazione della
biodiversità e alla produzione di legname entro il Parco Adda Sud. Pp. 123.
http://www.parcoaddasud.lombardia.it/zip/manuale.zip
♦ Attuare interventi per incrementare l’eterogeneità dei territori a monocoltura. In tali
ambiti, caratterizzati da poche specie di insetti alcune delle quali possono mostrare forti pullulazioni
stagionali (ad esempio le zanzare nelle risaie) danno risultati significativi anche interventi apparentemente
banali, quali la creazione di spazi occupati da colture diverse e la conservazione di fasce incolte (larghe
3-10 m) non trattate con fitofarmaci, lungo i confini delle proprietà, la
viabilità rurale e la rete irrigua.
Esperienze realizzate recentemente nelle risaie piemontesi hanno dimostrato come la
creazione di fossati che conservino aree sommerse durante i periodi di asciutta,
consentendo la sopravvivenza di comunità biologiche più ricche ed equilibrate, dia risultati estremamente positivi ai fini della tutela della biodiversità e del controllo delle
zanzare.
http://www.provincia.novara.it/settagr/schede_tecniche/opuscolo_risaia_e_biodiversita.pdf
♦ Nei frutteti e nei pioppeti mantenere fra i filari fasce inerbite: garantiscono
una produttività di insetti maggiore rispetto al terreno nudo e, se l’utilizzo di pesticidi non è
limitante, possono costituire terreni di caccia frequentati anche da specie di interesse conservazionistico
elevato, come il vespertilio maggiore.
♦ Negli agroecosistemi in un cui scarseggiano alberi idonei al rifugio dei
pipistrelli può avere un ruolo positivo la collocazione di bat
box, rifugi artificiali che imitano le condizioni delle cavità arboree (si
veda al esempio il sito della ditta Schwegler, che produce bat box in cemento e segatura per
ambienti agroforestali:
http://www.schweglershop.de/shop/index.php?cPath=34_38&language=en&osCsid=3b654488dbad63ee23333487453789d2).
Il ricorso a tali manufatti non può tuttavia giustificare l’abbattimento di eventuali alberi con
potenziali rifugi naturali e, per essere coerente, dovrebbe accompagnarsi a iniziative finalizzate
all’incremento della disponibilità dei rifugi naturali.
♦ Ove è possibile, favorire la conversione dei seminativi in pascoli. Questi
ultimi non richiedono trattamenti con fitofarmaci e il pascolamento (in particolare quello bovino),
praticato secondo criteri di sostenibilità ecologica, favorisce la presenza di insetti coprofagi che
rappresentano una risorsa alimentare molto importante per alcune specie di chirotteri minacciate, come il
rinolofo maggiore.
♦ Nei trattamenti antiparassitari del bestiame evitare o limitare l’uso di farmaci del gruppo delle
avermectine (lattoni macrociclici di prima generazione), che determinano effetti negativi sulla fauna coprofaga.
In particolare, l’ivermectina agisce su varie specie di ditteri e coleotteri: i residui del prodotto che
rimangono nelle feci del bestiame trattato condizionano gli stadi larvali di tali insetti, determinando
mortalità, anomalie nello sviluppo e incapacità di raggiungere lo stadio adulto; effetti negativi
più blandi sono stati evidenziati su insetti adulti. Le conseguenze sono particolarmente gravi nel caso di
somministrazione attraverso boli intraruminali, minori con gli altri tipi di somministrazione.
Poiché riducono la disponibilità ambientale dei coprofagi, i trattamenti con avermectine risultano
sfavorevoli anche per i chirotteri predatori di tali insetti, ad esempio il vespertilio maggiore e il rinolofo
maggiore. Fra giugno e agosto, nel raggio di almeno 4 km intorno ai siti riproduttivi di tali specie, i
trattamenti dovrebbero essere esclusi.
Indicazioni più generali sono: l’esclusione di utilizzo dei boli intraruminali; il trattamento in
periodo autunnale o la stabulazione dei capi trattati (indicativamente per 2 settimane) e lo stoccaggio delle
feci il tempo necessario affinchè perdano di tossicità; il trattamento scaglionato del bestiame di una
stessa area (in modo che sia sempre presente al pascolo, se la stagione lo consente, bestiame non trattato); il
ricorso a farmaci alternativi, basati su principi attivi a minor tossicità (come la moxidectina,
appartenente al gruppo delle milbelmicine, lattoni macrociclici di seconda generazione, o i benzimidazoli
fenbendazolo e oxfendazolo).
Misure utili per limitare la necessità dei trattamenti sono il pascolo a rotazione di ungulati diversi
(bovini/equini/ovicaprini), l’allevamento di razze rustiche locali (più resistenti) e le azioni che
determinano miglioramento dello stato nutrizionale dei capi (aumenta la reattività nei confronti dei
parassiti).
♦ Mettere in atto misure e interventi gestionali finalizzati alla conservazione delle colonie di
chirotteri che utilizzano come siti di rifugio edifici rurali o altri ambiti di pertinenza
di aziende agricole.
Le leggi vigenti sanciscono la stretta protezione di tutte le specie di chirotteri e vietano il danneggiamento e
la distruzione dei loro siti di rifugio (
I pipistrelli e la Legge);
ciononostante, pur nel rispetto di tali disposizioni, un’assenza di attenzioni gestionali nei confronti
delle colonie (in particolare di quelle più sensibili e che frequentano rifugi utilizzati dall’uomo)
può tradursi nell’abbandono dei siti e in perdite demografiche. All’opposto, l’adozione di
misure precauzionali e la realizzazione di interventi mirati possono massimizzare la ricettività dei rifugi,
contribuendo in maniera attiva e significativa alla conservazione dei chirotteri.
In Piemonte, l’ Assessorato regionale Agricoltura, Tutela Fauna e Flora, in sinergia con le attività
del Centro Regionale Chirotteri, ha attivato un progetto finalizzato a stimolare gli operatori agricoli ad
impegnarsi in tal senso, nonché a tributare un riconoscimento ufficiale a coloro che lo fanno, in relazione
al beneficio che ne deriva all’intera collettività (la tutela della fauna è interesse della
comunità nazionale e internazionale: L. 157/1992, art. 1).
Il progetto riguarda gli edifici rurali e i siti sotterranei artificiali (ghiacciaie, gallerie scavate nel tufo,
nel gesso o in altra pietra tenera e utilizzate nel tempo per varie funzioni connesse all’agricoltura) di
pertinenza di aziende agricole e utilizzati come rifugi da colonie di chirotteri di grande interesse
conservazionistico. Le colonie considerate sono quelle associate a rifugi di grande volume (corrispondenti a vani
calpestabili quali stalle, fienili, sottotetti, cantine, cavità ispezionabili del sottosuolo ecc.) e
rispondenti ai criteri per la selezione dei siti di maggior interesse conservazionistico nazionale (tab. 1).
In secondo ordine, e qualora compatibile con la disponibilitá di fondi stanziati, possono essere ammesse anche colonie che non soddisfano i criteri della tabella, purché si tratti di aggregazioni riproduttive di specie in allegato II Direttiva 92/43/CEE o di colonie ibernanti nelle quali siano presenti almeno 10 esemplari di specie in allegato II Direttiva 92/43/CEE.
A seconda delle caratteristiche dei siti, della chirotterofauna presente e delle problematiche connesse
all’utilizzo antropico, gli interventi che si possono realizzare sono vari, riguardando uno o più di
uno degli aspetti elencati in tab. 2.
Tab. 1. Criteri per la selezione dei siti di svernamento e/o riproduttivi di chirotterofauna di maggior
interesse conservazionistico nazionale (da: Agnelli et al., 2004. Quad. Cons. Natura, 19, Min. Ambiente-Ist. Naz.
Fauna Selvatica).
N° specie
|
Specie
|
N° esemplari
|
>4
|
Qualsiasi
|
> 50
|
3
|
Qualsiasi
|
>100
|
2
|
Tutte tranne se entrambe fra: P. kuhlii, H. savii, P. pipistrellus e P. pygmaeus
|
> 150
|
>1
|
M. punicus e specie All. II Direttiva 92/43/CEE tranne M. schreibersii
|
> 50
|
1
|
M. schreibersii e tutte le specie non citate nella riga precedente tranne: P. kuhlii, H. savii, P. pipistrellus e P. pygmaeus
|
> 200
|
Tab. 2. Tipologie di intervento per conservare o incrementare l’idoneità dei rifugi ad ospitare le
colonie di chirotteri.
Finalità dell’intervento
|
Tipologia di intervento
|
Minimizzazione del disturbo antropico diretto
|
Adozione di accorgimenti di rispetto nella conduzione di attività nei pressi delle colonie:
differimento di lavorazioni rumorose alle fasi biologiche caratterizzate da minor sensibilità al
disturbo o ai periodi di assenza dei chirotteri; limitazione della presenza antropica allo stretto
necessario per le esigenze di conduzione.
|
Controllo dell’accessibilità antropica al sito mediante apposizione di segnaletica e/o barriere
fisiche che non ostacolino il transito dei chirotteri, al fine di prevenire ingressi non autorizzati,
azioni di disturbo da parte di persone disinformate e atti vandalici.
|
Isolamento del volume utilizzato dai chirotteri rispetto ai volumi utilizzati dall’uomo attraverso
setti che non ostacolino il transito dei chirotteri.
|
Miglioramento delle condizioni di oscurità
|
Riduzione dell’illuminazione artificiale che interessa l’area utilizzata come rifugio e gli
accessi che i chirotteri utilizzano per andare e venire dal sito: accorciamento del periodo di
illuminazione, esclusione di punti-luce, apposizione di barriere schermanti.
|
Riduzione dell’illuminazione naturale (diurna) che interessa l’area utilizzata come rifugio:
apposizione di barriere schermanti.
|
Miglioramento del microclima
|
In funzione delle specie bersaglio e della fase biologica interessata, miglioramento delle condizioni di
temperatura e umidità del sito mediante interventi quali: chiusura di aperture in eccesso o
realizzazione di setti protettivi (in particolare per eliminare correnti d’aria negative e senza
interferire con il transito dei chirotteri); miglioramento della coibentazione; collocazione di vasche
d’acqua per umidificare.
|
Miglioramento delle condizioni per l’appiglio degli esemplari
|
Incremento della superficie idonea all’appiglio degli esemplari mediante apposizione di intonaco
rugoso o di altri materiali ruvidi (pietra, mattoni, legno).
|
Riduzione della mortalità causata da componenti dell’edificato o materiali/strumenti pericolosi
per i chirotteri
|
Minimizzazione dell’impatto dovuto a strutture a scorrimento (es.: serrande) o costituenti potenziali
trappole a caduta (es.: elementi verticali delle grondaie, camini) mediante apposizione di listelli a
spazzola, griglie o altri mezzi atti a prevenire l’intrappolamento di esemplari.
|
Rinuncia all’utilizzo di materiali/strumenti pericolosi o fonte di potenziale disturbo (emettitori di
ultrasuoni, collanti, insetticidi e antifungini per superfici) o loro impiego adottando accorgimenti che
consentano di escluderne l’impatto negativo (es.: al di fuori del periodo in cui sono presenti
esemplari).
|
Riduzione della mortalità connessa a predazione
|
Segnalazione di eventuali problemi di disturbo alle colonie dovuti alla predazione da parte di animali
domestici o selvatici. Collaborazione ad eventuali attività di prevenzione, ad esempio mediante
apposizione di barriere per escludere l’accesso dei predatori ai rifugi o alle vie di transito dei
chirotteri o, ancora, accordando disponibilità alla collocazione di mezzi di cattura selettivi e
collaborando al loro monitoraggio, di concerto con le Autorità territorialmente preposte al controllo
faunistico.
|
Riduzione del disturbo da parte dei piccioni
|
Interventi sugli accessi al sito di rifugio volti a scoraggiare la presenza dei piccioni mantenendo la
possibilità di transito per i chirotteri: riduzione delle aperture mediante apposizione di listelli
orizzontali; realizzazione di accessi a chicane.
|
Alle aziende agricole viene garantita l’assistenza tecnico-scientifica per la realizzazione degli
interventi e la verifica dei loro effetti, attraverso il monitoraggio delle presenze di chirotteri e dei
parametri ambientali rilevanti (ad es. microclimatici), nonché il rimborso delle eventuali spese sostenute.
A ciascuna azienda viene inoltre attribuito un attestato di merito e un riconoscimento annuo di 500 Euro.
Nel 2008 hanno partecipato all’iniziativa quattro aziende.
Due di esse ospitano colonie riproduttive di vespertilio smarginato all’interno di
stalle, un’associazione non casuale, dal momento che il vespertilio smarginato ama i rifugi caldi e ha come
prede preferite le mosche (le cattura mentre sono inattive, posate, svolgendo nottetempo il ruolo che di giorno
spetta alle rondini). In una delle colonie sono stati contati, prima dei parti, fino a 277 esemplari adulti,
nell’altra colonia, che rappresenta la maggiore aggregazione riproduttiva della specie attualmente
segnalata in Italia, fino a 713 esemplari adulti.
Le altre due aziende posseggono cavità ipogee (nel tempo utilizzate per l’estrazione di gesso, la
coltivazione di funghi e, attualmente, per il rimessaggio di materiali e attrezzi) rispettivamente utilizzate da
una colonia riproduttiva di vespertilio maggiore e vespertilio di Blyth (complessivamente circa 500 esemplari
prima dei parti) e da una colonia di svernamento di rinolofo maggiore (la maggiore aggregazione ibernante di tale
specie nota a livello regionale piemontese: nell’inverno 2007/08 vi sono stati censiti 83 esemplari).
I proprietari delle aziende agricole che ospitano le quattro colonie hanno dimostrato piena disponibilità a
collaborare alla tutela dei chirotteri, agevolando le attività di monitoraggio e impegnandosi concretamente
nella minimizzazione dei fattori di disturbo.
Nel 2009 le quattro aziende hanno riconfermato la partecipazione al progetto e ad esse se ne sono aggiunte ulteriori tre. Due di queste ultime ospitano colonie di grandissima importanza conservazionistica: l'unica colonia riproduttiva di rinolofo maggiore attualmente nota in Piemonte e la maggiore colonia riproduttiva di rinolofo minore fra le tre attualmente note per tale specie nella regione. La loro scoperta, proprio grazie al progetto, consentirá di tutelarle attivamente.
L’ Assessorato regionale Agricoltura, Tutela Fauna e Flora intende proseguire il progetto, finanziandolo in
rapporto alle disponibilità dei bilanci annuali. Ci auguriamo che vengano così “scoperte” e
meglio tutelate ulteriori colonie e invitiamo le aziende agricole che ospitano colonie di pipistrelli in ambiti
di volume cospicuo a farsi avanti: info@centroregionalechirotteri.org
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